Le traduzioni di poesie sono oggetto sempre più frequente di studi critici. Dietro quest’attenzione vi è il riconoscimento che il traduttore non è solo mediatore e, se si vuole, “contrabbandiere” di letteratura, ma soprattutto interprete creativo dell’originale. Sulle versioni tedesche delle liriche di Giuseppe Ungaretti, poeta italiano tra i più tradotti in Germania, esistevano già diversi studi parziali. Le tesi di dottorato di Peter Gossens e Stephanie Dressler, pubblicate a brevissima distanza di tempo l’una dall’altra dallo stesso editore, sono le prime ad affrontare il tema più sistematicamente. I due studi condividono il presupposto metodologico di derivazione ermeneutica che la critica della traduzione non può essere tanto confronto normativo tra l’originale e le sue versioni, alla ricerca di un’impossibile equivalenza, quanto piuttosto enucleazione delle linee interpretative della traduzione. Se i presupposti dei due studi sono comuni, i loro obiettivi sono però differenti. Mentre Dressler intende dare un quadro il più possibile completo della recezione di Ungaretti in Germania (con attenzione particolare per I. Bachmann e P. Celan), Gossens si concentra sulle versioni ungarettiane di Celan con l’intento di sviluppare un modello per un’edizione storico-critica che evidenzi la genesi della traduzione.
| DOI: | https://doi.org/10.37307/j.1866-5381.2003.01.46 |
| Lizenz: | ESV-Lizenz |
| ISSN: | 1866-5381 |
| Ausgabe / Jahr: | 1 / 2003 |
| Veröffentlicht: | 2003-04-01 |
Seiten 217 - 221
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