La versione italiana dello studio di Van Delft è il quinto volume nella collana “Scorciatoie”, di cui segnalammo qui gli esordi con la nuova edizione della Maxime di Corrado Rosso e la miscellanea internazionale dedicata da Giulia Cantarutti alla Scrittura afortistica (Archiv: 2003/2, pp. 445–451) Nel frattempo sono apparsi tra le “Scorciatoie” anche i Pensieri morali di Niccolò Tommaseo, a cura di un esperto di aforistica italiana come Gino Ruozzi, e lo studio di Maria Teresa Biason sulle Retoriche della brevità. Tutta una collana dedicata alla retorica del frammento e della brevità? Apparentemente sì, e l’utilità di una serie così pensata e pensosa appare evidente, sol che si voglia mettere in discussione la fallace rivendicazione del frammentismo esercitata dal Novecento e dalla contemporaneità (nelle sue triviali etichette di modernismo o postmodernismo).
I volumi finora apparsi, e con rinnovato rigore quest’ultimo di Van Delft, spingono lo sguardo indietro, esaminano il passato per cogliere i segni di una permanenza, una tradizione retorica che assume caratteri costanti dall’antico al moderno. Si tratta del genere aforistico, o più in generale delle forme brevi, che segnano la topica di alcuni oggetti letterari – soprattutto quelli viciniori alle scienze ed alla morale – nella tradizione occidentale.
DOI: | https://doi.org/10.37307/j.1866-5381.2007.01.23 |
Lizenz: | ESV-Lizenz |
ISSN: | 1866-5381 |
Ausgabe / Jahr: | 1 / 2007 |
Veröffentlicht: | 2007-04-01 |
Seiten 148 - 150
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